Palazzo Lanza, nella via omonima. È una casa patrizia del ‘300, il poco che ne resta ci testimonia gli antichi fasti: i due portali a sesto acuto del piano terra, le feritoie, il marcapiano sostenuto da archetti pensili in bicromia, le sontuose decorazioni floreali e sculture geometriche del primo piano, con le tre bifore mitrate.

Palazzo Rumolo, sostanzialmente rifatto, ma che conserva ancora al piano terreno due sale dalle austere volte a crociera in nera pomice lavica, sostenute da colonnine con capitelli in arenaria scolpita.

Palazzo Comunale, ex convento dei Frati Minori Conventuali, che vi ebbero sede fino al 1866, quando a seguito della soppressione delle corporazioni religiose, venne confiscato e poi ceduto al Comune. Restaurato nel 1983, presenta al piano terra un interessante chiostro con cisterna al centro della corte, sulla quale si affacciano due fughe di armoniose finestre serliane in pietra lavica, sul prospetto laterale una veranda ad arco con balaustra. Il prospetto che si affaccia sulla piazza antistante, là dove esisteva la chiesa di S. Francesco d’Assisi, distrutta dai bombardamenti del 1943, è stato rifatto, con criteri moderni, ma non dissonanti, sul finire degli anni ’80, mentre nell’ottobre 1992, proprio davanti all’ingresso del lato est del Palazzo, è stato collocato il gruppo bronzeo Pace, Amore e Libertà, opera dello scultore randazzese Nunzio Trazzera.


Via degli Archi recentemente restaurata, col suo acciottolato originario in basalto lavico, la successione dei quattro archi a sesto acuto, la finestra bifora dalla colonnina tortile in marmo, da cui ci si immette in Piazza S.Nicolò, dove campeggia la statua in marmo di «Randazzo vecchio», una figura maschile nuda, circondata da tre simboli, l’aquila, il leone e due serpenti, identificata di recente nel «gigante Piracmone», potrebbe rappresentare i tre quartieri (S. Martino, S. Nicolò, S. Maria), e quindi le tre genti (Lombardi-Greci-Latini) che formarono la città.

Palazzo Clarentano edificato nel 1509 e ben conservato. Sul prospetto principale al piano terra vi è un portale con arco a sesto ribassato e due finestre in arenaria scolpita, una cornice marcapiano con iscrizione latina, ed al primo piano le tre bifore con una sottile colonnina in marmo. Interessante pure il prospetto sulla via Clarentano, con due portali asimmetrici, una finestra cieca di pomice vulcanica ed una di arenaria, scolpita a motivi floreali.


Palazzo Reale edificato sotto i Normanni, pare abbia ospitato Re e Regine. Danneggiato da guerre e terremoti, ne rimane inalterato l’esterno del primo piano, dalle modanature intarsiate in pietra bicroma, motivo ornamentale ricorrente anche in S.Martino, cornicette laviche, e bifore bianco-nere con finestrina centrale. Una curiosità: sulla via laterale la finestra accecata, da cui si sarebbe affacciato l’imperatore Carlo V quando nel 1535 visitò Randazzo e si rivolse ai cittadini, nominandoli tutti “cavalieri”.



Il Castello visibile da Piazza San Martino, posta su uno strapiombo di roccia lavica, è l’unica superstite delle Otto torri messe a guardia della Città sulla cinta muraria.Esistente già ai tempi di Federico II di Svevia, occupava probabilmente un’estensione maggiore di quella attuale. Fu sede del Giustiziere del Valdemone, diventando così luogo di detenzione di prigionieri e condannati a morte (le finestre con inferriate del lato nord si affacciano addirittura sulla Timpa di S.Giovanni, dove si innalzava il patibolo), per poi passare, attraverso alterne vicende, alle famiglie Romeo e Vagliasindi, che ne assunsero il titolo, ed infine venire destinato a carcere mandamentale. Luogo orrido e buio, con le cellette a forno, il pozzo dei sepolti vivi che venivano calati con la carrucola, la camera della tortura, la galleria dei teschi; oggi restaurato e restituito alla cittadinanza, col suo nobile prospetto, il portale sovrastato dall’aquila sveva, la torre merlata, è stato trasformato in un centro culturale permanente, ospita mostre ed esposizioni d’arte, un’interessante collezione di Pupi siciliani, e dal 1998 è sede del Museo archeologico Paolo Vagliasindi.


La Casa di via Orto da un portale in pietra lavica a tutto sesto, sormontato dallo stemma nobiliare, si accede a due cortili contigui e comunicanti. Al centro del secondo cortile campeggia una cisterna ottagonale in pomice scolpita ed intagliata, con nicchie e lavatoi (Sec.XVI-XVII).



Il Portale di via Fisauli (XIV sec.) dove la pietra lavica cesellata artigianalmente raggiunge una estrema finezza di disegno. Via dell’Agonia, coni resti della chiesetta del XIV secolo, dal portale archiacuto, e una casa, unico esemplare rimasto di abitazione borghese del XIV secolo: la facciata presenta un portale d’accesso a sesto acuto e delle feritoie al piano terra, due bifore al primo piano. All’interno, sempre al primo piano, due vani con il “focolare”, ed alle pareti delle interessanti nicchie trilobate in pietra lavica, che fungevano da ripostiglio («gazane»).