18 ottobre 1535

QUANDO L'IMPERATORE CARLO V PASSÒ DA RANDAZZO…

di Giuseppe Portale

Massimo esponente della dominazione spagnola, ed ultimo dei regnanti che Randazzo ebbe l’onore di ospitare nel suo antico Palazzo Reale, arrivato la sera di domenica 17 ottobre 1535, fu il potentissimo imperatore Carlo V d’Absburgo (Gand, Paesi Bassi, 24 febbraio 1500 – San Yuste, Estremadura, 1558; imperatore dal 1519 al 1556) sui cui possedimenti – come amava egli stesso ripetere – non tramontava mai il sole.

Di questo avvenimento, senz’altro strepitoso per la cittadina etnea, esiste la testimonianza documentaria, ancora riscontrabile, fornitaci dalla memoria scritta nel “Libro Rosso” della parrocchiale chiesa di San Martino in Randazzo. Chiesa, questa, che si trova nella parte occidentale della città, dalla quale entrò il famoso Imperatore, allora sede del quartiere “lombardo”, dominata dal “più bel campanile di Sicilia” (così definito dal prof. Enzo Maganuco dell'Università di Catania), in istile normanno - svevo.

Carlo V entrò dalla porta occidentale della città, chiamata Porta Palermo (proprio perché da lì si arrivava o si partiva per il capoluogo siciliano attraverso la Trazzera Regia), o Porta San Martino (per la vicinanza alla suddetta chiesa). Proprio l’antico archivio ecclesiastico di San Martino conserva, e ci ha tramandato sino ad oggi, questa preziosa pagina storica della città: la relazione dell’entrata dell’Imperatore in Randazzo, dalla quale traspare la gioia dell’amanuense nel trasmettere ai posteri il ricordo di ciò che gli umili e fortunati randazzesi offrirono al grande signore e padrone di quasi tutto il mondo allora conosciuto.
Riportiamo, qui di seguito, il testo autentico del documento:

Die 18 octobris 1535: octave inditionis.

Sia noctu et manifesto a li posteri como nelo supradicto tempo passao di quista chitati di randatio la caesaria maiestà del imperaturi nostro carolo V° venendo cum summa leticia et triumpho hauendo cum la sua virtuti victoria di carthagini fedifraga et in la ecclesia di sancto martino li fonti erano plini di aqua rossa et inanti li porti dila predicta ecclesia li foru facti certi archi triumphali et tuti quisti cosi foru facti essendo aucturi et procuratori lo venerabili presti franchisco  purchello. Valete”.

Non si conosce la personalità di questo prete Francesco Purchello, ma il documento, secondo molti  studiosi, è indubbiamente autentico, ed è purtroppo l’unico in nostro possesso che ricordi questo grande avvenimento vissuto dalla città in quel lontano 1535. Ciononostante, dalla tradizione raccolta da tutti gli storici municipali e da quanti si sono occupati di Randazzo (fra i quali citiamo Francesco Onorato Colonna, Giuseppe Plumari, Paolo Vagliasindi, Mario Mandalari, Federico De Roberto, Enzo Maganuco, Salvatore Calogero Virzì e Salvatore Agati), abbiamo anche altre notizie sulla permanenza dell’Imperatore nella deliziosa cittadina etnea.

Sappiamo infatti, per esempio, che il Civico Magistrato di allora, Francesco Lanza, andato con tutta la nobiltà randazzese incontro all’imperatore “sino al Piano nomato Gurrita, arrivato che fu al punto di dover Carlo V entrare nella Città, gli presentò, dentro una Tazza di Argento, le chiavi di tutte le Porte di essa”, e che “dimorò in Randazzo, questo Augusto Sovrano per lo spazio di tre giorni, avendo ascoltata la S. Messa ogni mattina in ciascuna delle tre Chiese Parrocchiali, celebrata dall’Arciprete di quella Stagione…dicono poi i nostri Storici ne’ loro Manoscritti, che allo scoprir, che fece esso Imperatore dal punto della dirutta Chiesa di S.to Elia, questa nostra Patria, disse a’ circostanti le seguenti parole: - Come si appella questa Città con tre Torri? - indicando i Campanili delle tre Chiese Parrocchiali; a cui risposero così: - Semprecchè la parola reale di Vostra Cesarea Maestà non deve andare indietro, è questa la Città di Randazzo, dalla Maestà Vostra or ora onorata dal titolo di Città -.

Al che l’imperatore soggiunse: - Resta accordato.

Egli – come riportato sopra – si fermò per tre giorni in quel Palazzo Reale che era stato la dimora di tanti re e principi, e prima di riprendere il viaggio per Messina, attratto dalla bellezza del campanile della Chiesa di San Nicola, nel quartiere greco, ne ordinò il rafforzamento con catene di ferro (dato che essendo molto antico minacciava di crollare), erogando per i necessari lavori di consolidamento una somma considerevole (cosa veramente insolita per i regnanti spagnoli di cui si conosceva, invece, l’eccessiva esosità).

La stessa tradizione, inoltre, aggiunge che Carlo V, commosso dalla fastosa accoglienza tributatagli dal popolo randazzese, si sia affacciato da una finestra del Palazzo Reale dove alloggiava ed abbia gridato alla massa del popolo festante le famose parole: “Estoes todos caballeros!”, (Siate tutti cavalieri!).

Quella finestra, rivolta verso la piazza di San Martino, in seguito venne murata e, alla fine dell'Ottocento, durante alcuni lavori di restauro nello stesso Palazzo Reale (ora di proprietà privata), è stata riaperta. Dal suo vano sono venute fuori, fra l’altro, diverse antiche pergamene e monete varie.

Un’altra leggenda, raccolta dal prof. Enzo Maganuco e riportata dai professori  Santi Correnti e Salvatore Calogero Virzì, racconta come il triste e biondo Imperatore, nel suo breve soggiorno a Randazzo, si fosse invaghito di una dolce fanciulla dai grandi occhi neri e dalla fluente capigliatura corvina. Fu un dolce sentimento soffuso di amoroso pathos che ancora ricorda:

 

E Carlu quintu t’incurunau regina
quannu passava nda lu to Rannazzu,
ti vossi nda lu sonnu ppi vicina
cu illu ti purtau ndo so  palazzu…”.