Il periodo Normanno Svevo
Gli Arabi rimasero in Sicilia per circa tre secoli, fino a quando i Normanni, al seguito del Gran Conte Ruggero, riuscirono a sconfiggerli e a cacciarli dall’isola.
Quando i Normanni giunsero a Randazzo, un altro gruppo etnico del Nord Italia, i Lombardi, si unirono alle precedenti popolazioni, ma non si amalgamarono mai con esse.
Ogni gruppo etnico si stabilì in un quartiere diverso, i Greci si stabilirono nella zona di San Nicola, i Latini in quella di Santa Maria ed i Lombardi in quella di San Martino.
Ogni gruppo avrebbe parlato la propria lingua fino al sec. XVI, come viene testimoniato dallo storico castiglionese Filoteo degli Omodei.
Una leggenda narra che prima della sua spedizione per conquistare Taormina, il normanno Gran Conte Ruggero fu ospitato nel convento femminile di Santa Maria Maddalena, allora dotato, come tutti i monasteri, di un’apposita sezione chiamata “foresteria”.
L’accoglienza delle monache fu così calorosa, che il Normanno lasciò loro in custodia l’immagine di San Giorgio, il suo santo protettore.
Dopo la conquista di Taormina, prima di tornare a Troina, sua abituale residenza, Ruggero si fermò nuovamente a Randazzo per riprendere il quadro di San Giorgio. Rimasero tutti attoniti quando non si riuscuì a staccare il quadro dal muro.
Il conte normanno, commosso da questo fatto miracoloso, regalò il quadro alle Benedettine che, da quel giorno cambiarono il titolo del loro monastero da “Santa Maria Maddalena” a quello di “San Giorgio”: così, infatti, si chiama ancora oggi la piazza in cui si trovava l’ex convento.
La storia della Sicilia e, quindi, di Randazzo è un lungo racconto di invasioni e di governi stranieri.
Nel sec. XIII la città ebbe un proprio esercito che lottò in favore del re contro i ribelli. Sotto i re svevi, soprattutto con Federico Il, Randazzo godette di un periodo di magnificenza.
Nel 1210 l’imperatore e la moglie Costanza d’Aragona si rifugiarono a Randazzo per sfuggire alla terribile peste che imperversava a Palermo. Molti fattori come il clima salubre, il bel paesaggio, la calorosa accoglienza, una vita sociale attiva, convinsero Federico a stabilire in questo luogo la sua residenza reale con tutta la corte e di fare di Randazzo una grande roccaforte di difesa. Fece riparare le mura di cinta e le otto torri e conferì titoli nobiliari ai cittadini che costruirono splendidi palazzi vicino al Castello.
Alla morte di Federico II di Svevia, avvenuta il 13 dicembre 1250, tentò di succedergli il figlio naturale Manfredi il quale, per la verità, non ebbe un gran bel rapporto con Randazzo, poiché questa città, come tutta l’Isola del resto, caldeggiava l’incoronazione di un sovrano siciliano. Manfredi allora, per ritorsione, prese d’assalto diverse città,tra le quali anche Randazzo dove, come altrove, si fece acclamare re.
Alla morte di Manfredi, nel governo dell’Isola subentrarono gli Angioini. Fu un periodo breve ed infelice, caratterizzato da imposizioni e persecuzioni. Quando gli Angioini furono cacciati via (con i Vespri Siciliani del1282), iniziò per Randazzo un nuovo periodo di gloria.
Re Pietro III d’Aragona, divenuto Pietro I di Sicilia, venne a Randazzo e si accampò con il suo esercito in una località poco distante da Randazzo, conosciuta ancora oggi come “Campo Re”. Fece restaurare le mura di cinta e le porte della città, fra le quali Porta San Martino e Porta Aragonese (quella vicina a San Giuliano) al di sopra della quale fece apporre, ancora oggi esistenti e ben visibili, lo stemma suo, quello della moglie Costanza di Svevia, e quello di Randazzo, come altrove meglio precisato.
Poiché era un uomo molto pio, Pietro regalò alla chiesa di Santa Maria un calice d’oro tempestato d’argento e smalti, che ancora fa parte del tesoro della basilica. All’interno della stessa chiesa si possono ammirare altresì due antiche misure aragonesi: l’orcio, per i liquidi, ed il moggio, per i cereali.