Il periodo Spagno (XV - XVI secolo)
Bianca, rimasta vedova, fu confermata vicaria anche dal suocero Martino “il Vecchio”, re d’Aragona, succeduto al figlio, morto senzaeredi, quale re di Sicilia.
Appena un anno dopo però, nel 1410, veniva a mancare pure questi, e la regina Bianca si trovava così a dover gestire, da sola, una complessa situazione politica in quanto, essendo entrambi i Martino deceduti senza lasciare eredi, i feudatari isolani cercarono di ribellarsi per avere maggiore autonomia e non dover così rendere conto alcuno alla corona aragonese.
Bianca, tuttavia, riuscì a ricompattare le forze fedeli alla monarchia e, con la sua corte itinerante, attraversò in lungo e in largo la Sicilia più volte.
Ed in questo suo itinerare venne anche a Randazzo dove entrò, con tutti gli onori, il 3 giugno 1411, come ella stessa fece scrivere dal suo segretario in una missiva diretta al capitano di giustizia e ai giurati della città di Palermo: “…hodie intrammu feliciter in quista terra, di randazu undi fommu richiputi et ascuntrati cum solemni festa et alligriza da tucti universaliter…”
Da Randazzo, la regina Bianca inviò pure ulteriori lettere alle autorità di Messina e di altre città siciliane, manifestando la necessità diconvocare un Parlamento Generale e, nello stesso tempo, invitandole ascegliere il giorno ed il luogo della convocazione.
Parlamento che poi, stante il fatto che in molte città isolane, come Messina, vi era la peste, si tenne nella più salubre Taormina dal 17 al 23 agosto dello stesso anno 1411.
In detto Parlamento – come si evince da un’altra missiva della regina, scritta a Francavilla il 24 agosto e indirizzata alla città di Cefalù - venne deliberato d’inviare una deputazione in Catalogna per chiedere al nuovo re di Spagna, Ferdinando de Antequera, detto “il Giusto”, eletto dal Parlamento di Caspe nel 1412, di nominare uno dei suoi figli come re di Sicilia.
Ma le speranze della nobiltà siciliana vennero disattese e, nel 1415, fu inviato nell’Isola il secondogenito di Ferdinando, non come re, bensì come vicerè: Giovanni di Penafiel.
Con lui iniziò il vicereame aragonese di Sicilia che, successivamente, con Carlo V d’Asburgo, nel secolo XVI, diverrà vicereame spagnolo.
Ebbe termine così il vicariato della regina Bianca la quale, poco prima dell’arrivo del vicerè Giovanni, ritornò in Navarra dove, qualche anno dopo, sposò lo stesso vicerè di Sicilia, Giovanni di Penafiel, richiamato in patria dal fratello Alfonso, salito sul trono d’Aragona alla morte del padre Ferdinando il Giusto, avvenuta il 2 aprile 1416.
Con l’istituzione del Viceregno, la Sicilia divenne una provincia spagnola, e Randazzo, che aveva vissuto il glorioso periodo del regno aragonese, subì anch’essa quel grigio succedersi degli avvenimenti che caratterizzarono in maniera negativa la storia dell’Isola durante la dominazione spagnola, con ingiuste spoliazioni ed infinitevessazioni fiscali.
Massimo esponente della dominazione spagnola, ed ultimo dei regnanti che Randazzo ebbe l’onore di ospitare nel suo antico Palazzo Reale, il 18 ottobre 1535, fu l’imperatore Carlo V. Avvenimento, questo, di cui esiste testimonianza documentaria.
La città tributò al triste e biondo imperatore sui cui possedimenti non tramontava mai il sole –come amava egli ripetere spesso- grandiose accoglienze, con “fonti plini di aqua rossa et certi archi triumphali…” che fecero rivivere per alcuni giorni i fastosi e memorabili tempi aragonesi.
Il sindaco gli offrì le chiavi della città su un cuscino ricamato in oro e l’imperatore fu così colpito dalla bellezza della cittadina e dal caloroso benvenuto, che le conferì il titolo di “Civitas Randatii”.
La leggenda vuole che quando l’imperatore si affacciò alla finestra del Palazzo Reale e vide una grande folla che lo acclamava, esclamasse “Siate tutti cavalieri!”
Da allora in poi quella finestra non è più stata aperta in segno di rispetto.