Regina Bianca di Navarra
di Giuseppe Portale
Una delle figure femminili più interessanti nella Storia della Sicilia è, sicuramente, quella di Bianca di Navarra. Ma chi era e perché tanta importanza essa riveste nella storia della nostra Isola?
Per cercare di rispondere a questi interrogativi dobbiamo tornare un po’ indietro nel tempo, e precisamente all’anno 1402, quando Martino I “il Giovane” (Re di Sicilia dal 1392), rimasto vedovo di Maria, figlia di Federico III d’Aragona detto “il Semplice”, sposò in seconde nozze la giovanissima principessa Bianca, figlia di Carlo III re di Navarra, della casa di Evreux, e di Eleonora di Castiglia. Nozze che vennero celebrate nella cattedrale di Palermo il 26 novembre 1402, dopodiché i due sovrani si stabilirono nella nostra Isola. Bianca scelse come propria residenza preferita la città di Catania.
La vita coniugale, in verità, fin dall’inizio si rivelò difficile e spesso esasperata, anche se non priva di affetto e di reciproca stima. Da una lettera di Martino “il Vecchio” all’Arcivescovo di Saragozza si deduce la gioia del figlio, grato per aver ricevuto dal padre una “bella, bona et savia muller”, ma alcune lettere del re di Navarra, Carlo III, rivelano tutta la tristezza della figlia Bianca per un matrimonio indubbiamente infelice e le preoccupazioni del padre di lei che si lamentava col re d’Aragona, suo consuocero, per la “muy arta et estreta vida” cui era costretta la figlia, insinuando altresì il sospetto che nella vita del giovane Martino l’amore per Bianca fosse troppo piccola cosa. Stati d’animo, situazioni psicologiche ed affettive che il re d’Aragona, tuttavia, cercando di giustificare la condotta del figlio, attribuiva solo a calunnie di servi licenziati. È certo, però, che nel settembre del 1403, a meno di un anno dal matrimonio con Bianca, ambasciatori confidenziali informavano il monarca catalano che al giovane re Martino erano nati due figli illegittimi – Federico e Violante – dalle concubine catanesi Tarsia Rizzari ed Agatuccia Pesci.
Alcuni anni più tardi, e precisamente nel 1409, mentre cercava di sottomettere la Sardegna, il giovane re Martino moriva, e sul trono di Sicilia gli succedeva (anche se solo come reggente) la moglie Bianca che, dallo stesso Martino, prima di partire per la spedizione di guerra, era stata nominata “Vicaria” del Regno: carica, questa, in cui veniva confermata pure dal suocero, anch’egli di nome Martino inteso “il Vecchio”, che già dal 1395 sedeva sul trono iberico dell’Aragona, ed ora, alla morte del figlio senza eredi, gli succedeva al trono pure in Sicilia col numerale II.
Appena un anno dopo però, nel 1410, veniva a mancare anche questi, e la Regina Bianca si trovava pertanto a dover gestire, da sola, una complessa situazione politica in quanto, essendo entrambi i Martino deceduti senza lasciare legittimi eredi, i feudatari isolani (capeggiati da Bernardo Cabrera, conte di Modica, Gran Giustiziere del Regno, che pretendeva di sposare la Regina e, conseguentemente, cingere la corona di re), cercarono di ribellarsi per avere maggiore autonomia e non dover così rendere conto alcuno alla corona aragonese. Bianca, tuttavia, con una forza d’animo ed una determinazione fuori dal comune, riuscì a riconquistare una dopo l’altra le città occupate dal Cabrera ed a ricompattare le forze rimaste fedeli alla monarchia, attraversando con la sua corte itinerante, in lungo e in largo, più volte la Sicilia.
In questo suo itinerare, passò anche da Randazzo dove entrò, con tutti gli onori, il 3 giugno 1411, come ella stessa fece scrivere dal suo segretario in una missiva diretta al Capitano di giustizia e ai Giurati di Palermo e di tutte le altre città siciliane rimaste fedeli agli Aragonesi: “lu baruni di crimasta capitaneu di randazu et la universitati, ni mandaru ambaxaturi lu archipresti di randazu et iudichi nicola di astasi… li havimu benigne concessu fachenduli gracia et providenduli di officii et beneficii secundu loru statu et meriti. Quare hodie intrammu feliciter in quista terra di randazu, undi fummu richiputi et ascuntrati cum solemni festa et alligriza da tucti universaliter…” (Cfr. Raffaele Starrabba “Saggio di lettere e documenti relativi al periodo del vicariato della regina Bianca in Sicilia”).
Da Randazzo, la Regina Bianca inviò pure altre ventisette lettere (redatte in siciliano illustre o in latino basso medievale) alle autorità di Messina e di altre città siciliane, manifestando la necessità di convocare un Parlamento Generale nella Città dello Stretto. Ma ciò era sconsigliabile poiché a Messina in quel periodo, come in altre città isolane del resto, imperversava la peste: “non si putendu fari lu generali parlamentu in la dicta chitati per la pesti supravinuta, secundu ki ia era statu accordatu per la sua maiestati…”.
In un’altra missiva del 6 giugno 1411, pertanto, Bianca suggeriva le sedi di Randazzo o di Caltagirone rimettendo tuttavia la scelta ai messinesi i quali, invece, indicavano come a loro più adatte le città di Castroreale o Taormina. E fu proprio in quest’ultima città che il Parlamento poi si tenne dal 17 al 23 agosto dello stesso 1411.
In detto Parlamento – come si evince da un’altra lettera della Regina, scritta da Francavilla di Sicilia il 24 agosto e indirizzata alla città di Cefalù – venne deliberato di inviare una deputazione in Catalogna per chiedere al nuovo re di Spagna, Ferdinando de Antequera, detto “il Giusto”, eletto dal Parlamento di Caspe nel 1412, di nominare uno dei suoi figli come re autonomo della nostra Isola, alla quale avrebbe dovuto garantire lo status di Regnum Siciliae indipendente, anche se dinasticamente legato all’Aragona, affinché ponesse fine alla guerra civile facendo mettere d’accordo i diversi partiti e le diverse fazioni, riportandovi così l’unità, la pace ed il benessere.
Ma le speranze della nobiltà isolana vennero disattese con gravi conseguenze per la nostra Storia in quanto, nel 1415, fu inviato in Sicilia il secondogenito di Ferdinando, Giovanni di Penafiel: ma non come re, bensì solo come viceré. Con lui iniziò, così, quel vicereame aragonese di Sicilia che, successivamente, con Carlo V d’Absburgo, nel secolo XVI, divenne vicereame spagnolo.
Ebbe così termine il Vicariato della Regina Bianca la quale, poco prima dell’arrivo del viceré Giovanni, ritornò in Navarra dove, qualche anno più tardi, sposò lo stesso viceré di Sicilia, Giovanni di Penafiel, richiamato in terra spagnola dal fratello Alfonso V il Magnanimo, che era salito sul trono d’Aragona alla morte del padre Ferdinando il Giusto, avvenuta il 2 aprile 1416.
Con l’istituzione del Viceregno, la Sicilia, che sotto gli Aragonesi aveva vissuto il suo periodo di massimo splendore, divenne una semplice provincia spagnola, destinata ad essere sempre più spogliata dalle continue esose richieste di donativi e dalle sempre più pressanti vessazioni fiscali. Ma questa è un’altra storia…